Il testo è stato composto in occasione della serata che trascorriamo nella Chiesa Matrice di Amantea dedicata a San Biagio per festeggiare la Seconda Rassegna di Canti e Suoni della Tradizione Natalizia, organizzata dall’AUSER di Amantea. L’amico Tonino Perricone mi ha cortesemente sollecitato a comporre per l’occasione un brano poetico che richiamasse i valori autentici del Natale, concretamente rappresentati anche dalle presenze pluriculturali, provenienti da diverse parti della Calabria e dal mondo dell’immigrazione. La fraterna amicizia del prof. Perricone e le parole con cui mi ha presentato l’evento sono state di stimolo per il volo della mia fantasia.
Sotto le arcate ampie di san Biagio
per festeggiar Natale in modo degno
son convenuti da ogni parte adagio
a consegnar d’amore il loro pegno.
Canti, non vil denaro, bei sorrisi
portano al bambinel che rappresenta
il mondo in cui son variegati i visi
e l’anima di ognuno all’altro è attenta.
Di pace è atmosfera e fratellanza:
coi Càlabri latini è l’Albanese,
gli zampognari il latte e sua fragranza
hanno lasciato al monte con le spose,
mentre la neve fiocca sopra i tetti
e i bimbi stanno accanto al focolare
ad aspettar che mamma lor li alletti
al sonno con le fiabe di Natale.
Che suono di zampogne, che armonia
da quelle canne vien con soffio e cuore!
Ai bimbi echeggia come litania
che induce il sonno, il pensier dolce e amore.
Dalla ventosa Lago qui i cantori
ci portan tradizioni e lor folclori
dai luoghi ove un dί sbocciâr gli amori
tra ninfe e adoni nei silvani cori.
Ma superati or son pagani riti
e ninfe e adoni or son Madonne e Santi.
Perciò da bocche loro odo usciti
suoni cristiani e religiosi canti.
Con clarinetti e banda musicale
si fa sentir la scuola che a Mameli
è intitolata e in questo dì speciale
intona marce che van su nei cieli.
Da Falconara il Gruppo Haréa ci porta
la melodia arbёreshё originale,
che in cielo il cuore candido trasporta
con canti, assolo e musica corale,
qual si conviene in questo giorno santo,
in cui tacere devono i contrasti,
come succede in Terra, ahimè, ogni tanto
quando dimentichiamo i dì nefasti.
Si tendono le braccia con calore,
le mani incrocian mani di fratelli
che non han pelle più di un sol colore,
come ci volle il Padre e siam più belli.
L’Africa manda le sue vibrazioni,
da terra che ha nel cuore il ballo e il canto;
con gli strumenti a corda e percussione
trasmette un’esistenza dolorante
di un corpo nato a stare in armonia
con il creato e il ritmo delle cose,
prima che le mandasse in avaria
colui che tutto a sé piegar pretese.
Sono i migranti che senza le stelle,
in una notte buia un mare oscuro
attraversâro, privo di fiammelle
che a porto li guidassero sicuro.
L’Africa canta “Bimbo, mio tesoro”
e il suon n’echeggia sotto nostre arcate
sì che l’Occidentale è frate al Moro
dentro lo spazio di queste navate,
donde si leva al cielo un canto solo
dal Coro della Chiesa di San Biagio,
il qual da Oriente il piè qui pose al suolo
perché qui ogn’uom sia frate e a proprio agio.
Quest’inno manda tutti in visibilio
con l’armonia che fa trasecolare;
ognun si sente in cuor d’altrui ausilio,
pronto a donarsi all’altro e ad amare.
Dopo a rifocillar le lingue stanche
e braccia e gambe dal danzar spossate,
“grispelle” e “monacelle” sulle panche
vorràn con vino essere gustate.
Saranno il segno di quest’alleanza
che al mondo lega poveri e diversi,
perché non sia trincea la differenza
tra uomini mai più l’un l’altro avversi.
Franco Pedatella
Amantea, Chiesa Matrice, 3 gennaio 2012
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