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Archive for the ‘Pensieri in Libertà’ Category

 

L’appello che faccio ai miei amici e compagni, ai miei concittadini e corregionali è quello di andare a votare domenica 17 aprile e di votare SI per fermare i danni già provocati dalle trivelle alla nostra martoriata terra e salvare il futuro di tutti. La sconfitta del SI, o comunque la sconfitta del referendum, sarebbe un regalo alle Compagnie Petrolifere, che sarebbero autorizzate a continuare ad estrarre quel poco che estraggono, che non ha nessuna rilevanza economica ai fini della copertura del fabbisogno energetico dell’Italia né dell’occupazione di lavoratori e farebbe invece risparmiare ai petrolieri le spese per lo smantellamento delle piattaforme. Oltre a questo, a quanti sottovalutano i rischi di eventuali disastri, provocati dal cattivo funzionamento degli impianti, voglio ricordare i danni delle centrali nucleari che erano state presentate come macchine perfette, come quella di Fukushima in Giappone, e il disastro ambientale della piattaforma petrolifera nel 2010 nel Golfo del Messico. Solo queste poche parole dovrebbero bastare a far capire quanto è importante votare SI, perché questo voto va nella difesa degli interessi della gente, dei cittadini. Ricordiamoci anche che il nostro mare è un mare chiuso fra terre, per questo lo chiamiamo Mediterraneo, e quindi le conseguenze di eventuali danni non si disperderebbero nell’Oceano ma si concentrerebbero nelle nostre acque e sulle nostre coste. Il nostro destino è nelle nostre mani. Votiamo SI per difendere la nostra vita e quella delle generazioni future!

Franco Pedatella

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di Franco Pedatella

Il Ministro dell’Istruzione, che una volta era giustamente ed opportunamente Ministro della Pubblica Istruzione, non conosce la scuola e non conosce la storia. Non sa, per esempio, che quando una volta alla fine dell’anno scolastico c’era la “qualifica degli insegnanti”, cioè la valutazione che il Direttore Didattico, nella scuola elementare, oggi “primaria”, attribuiva ai suoi insegnanti, davanti casa sua c’era una lunga fila di insegnanti con in mano “costosi” regali in attesa di entrare per ricevere la sospirata “qualifica”di “ottimo”. Certamente la Legge non prevedeva né permetteva simile pratica, ma era così. Ed era così, perché siamo uomini ed, in quanto uomini, sbagliamo e siamo “peccatori”. E quei direttori didattici, nonostante le loro debolezze, ambizioni eccetera, anche per l’indirizzo degli studi specifici seguito, erano intellettualmente, a parte le dovute eccezioni, fior di professionisti, conoscevano la pedagogia e la psicologia, le dinamiche del processo di crescita degli alunni, entravano nelle aule scolastiche e sapevano perfettamente quanto una classe lavorasse e quale livello d’istruzione avesse raggiunto almeno complessivamente. Il fatto che riferisco è il racconto di uno dei tanti maestri elementari che non si piegavano a questa logica “clientelare”, ed erano tanti e lodevoli, ma che magari “pagavano a caro prezzo” questo loro atteggiamento dignitoso. Gli altri erano costretti a piegarsi per i più disparati motivi, tra cui certamente lo stato di bisogno.

Il Dirigente Scolastico di oggi è il dirigente di un istituto che tende ad avere, almeno nelle intenzioni dei ministri del nuovo millennio, le caratteristiche dell’azienda e che dall’alto si pretende che sia sempre di più un’azienda. In quest’azienda si fanno degli investimenti e, come in ogni azienda che si rispetti, bisogna “far quadrare i conti” e poi “vendere il prodotto” attraverso una buona pubblicità: fissare vari appuntamenti nell’arco dell’anno scolastico, in cui, in pubbliche manifestazioni, vengono fatti esibire gli alunni, davanti a genitori compiaciuti, ad Autorità di rito e a cittadini curiosi, in performance finalizzate all’esposizione del “prodotto” umano, per dimostrare che quella scuola funziona. Anche così quella scuola fa concorrenza all’altra scuola e cerca di avere più iscritti dell’altra per l’anno successivo, anche perché così si hanno più finanziamenti, più progetti e più soldi. Ma il Dirigente di questo tipo di scuola dedica quasi tutto il suo tempo ai conti, ai finanziamenti, alle operazioni di facciata, che sono quelle che procurano il “buon nome” alla sua scuola. Poco però sa, tranne le dovute eccezioni di fronte alle quali bisogna togliersi il cappello, degli alunni, delle problematiche presenti nelle classi e di tutto quello che significa crescita cognitiva e formativa degli studenti. Se poi il docente ha dei problemi con alunni e famiglie, è un fatto che deve sbrigarsi il docente stesso; ove vi sia coinvolto il Dirigente (badate, non il Preside; il preside era un’altra cosa), questo cura le public relations e si guarda bene dal “guastarsela con i genitori” e con gli alunni-clienti. A tali dirigenti la Legge sulla Buona Scuola (la chiamano “beffardamente” Riforma, e non solo oggi) affida il compito di scegliere i docenti per i figli di quei genitori. Ma questi dirigenti non hanno il tempo né le competenze, a parte il rispetto che si deve sempre a qualcuno, per interessarsi delle classi e dei processi evolutivi. Questi “padroncini”, pur con le migliori intenzioni di questo mondo, faranno in gran parte un disastro, perché non sono direttori didattici né presidi, non ne hanno le funzioni e non possono dedicarvisi, in quanto costretti a fare altre cose. Guideranno con logica aziendalistica la scuola-azienda, che poi non è un’azienda vera, abbassando pericolosamente la qualità della scuola pubblica, e la faranno deragliare come un treno in folle corsa. Metteranno i docenti l’uno contro l’altro in una competizione sleale che non punterà alla qualità della loro lezione ed all’impegno degli studenti, ma al “farsi volere bene” da tal dirigente e da tali genitori, con il risultato negativo di avere docenti scarsamente motivati verso il loro delicato lavoro, oserei dire verso la loro delicata ed insostituibile missione.

Ovviamente la colpa di tutto questo disastro non è da imputare soltanto a tali dirigenti, ma all’impianto complessivo della scuola che viene dettato dall’alto, dove si è voluto e si vuole imporre, non soltanto oggi, la logica dell’azienda in un organismo in cui la logica dell’azienda non si può applicare. Questa si può applicare soltanto dove si può misurare il numero dei bulloni che si avvitano in un giorno, il numero dei pezzi di ferro che si tagliano, con la dovuta cautela il numero delle pratiche d’ufficio che si sbrigano in un giorno; mai nella scuola, dove le operazioni non sono manuali e si lavora sull’animo e sul cervello di giovani da informare, ma soprattutto da formare, in tempi e modi che dipendono da una miriade di condizioni oggettive e soggettive di ogni singolo alunno e del mondo, anche psichico, che gli gira intorno, oltre che dal docente, condizioni che sono fattori non misurabili del processo cognitivo e formativo. Allora, di fronte all’insuccesso di questo tipo di scuola-azienda, i cittadini più facoltosi busseranno ad una di quelle poche scuole private di eccellenza; non a tutte le scuole private, badate!, che sono sempre state e continuano ad essere diplomifici. Già lo erano negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, quando i “figli di papà” che avevano l’insuccesso nella scuola pubblica, che era sempre di qualità, si iscrivevano a queste scuole che assicuravano la promozione facile.

In questo modo, snaturando la scuola pubblica, si torna alla “scuola di classe”, quella a cui i “figli del popolo” non potevano accedere ieri e non potranno accedere domani. Per loro ieri c’era l’analfabetismo, oggi si prospetta una falsa istruzione, che non li qualifica per gli obiettivi elevati, per le alte sfere dell’intellettualità e dei corrispondenti impieghi remunerativi sia in termini economici che in termini di soddisfazione morale, ma li spinge e costringe verso il basso in mansioni di basso livello, poco soddisfacenti moralmente ed economicamente.

Questo accade sotto i nostri occhi increduli ed impreparati agli eventi, dopo le tante battaglie politiche, sociali ed ideali del secolo scorso per una scuola libera, di qualità, aperta a tutti ed eguale per tutti, dove l’impegno ed il merito erano occasione di progresso e di riscatto ed in cui anche le “condizioni di partenza” e le “difficoltà ambientali”, correlate al tipo ed al grado di scuola frequentata, facevano parte della “valutazione” degli alunni in termini di maggiore o minore merito.

Ora, chi avrebbe immaginato che in Italia saremmo arrivati a questo punto di disfacimento della funzione educativa e cognitiva della scuola? A questo ci hanno portato gli anni di rivoluzione, pardon!, d’involuzione della politica scolastica dagli ultimi anni del Novecento ad oggi. E allora, se si vuole evitare di tornare alla pratica di certi sistemi di asservimento dei docenti che qualche “cattivo dirigente” potrebbe instaurare, con le conseguenze che abbiamo cercato di delineare, lo sciopero di oggi non è solo lo sciopero degli insegnanti, ma deve essere lo sciopero di tutti coloro che hanno a cuore il futuro delle giovani generazioni ed i destini della Nazione.

Ovviamente queste sono alcune delle considerazioni che si possono fare brevemente sulla tanto conclamata e declamata “Riforma della scuola” e non hanno la pretesa di essere esaurienti rispetto all’argomento in discussione.

Cleto, 5 maggio 2015                                                                        Franco Pedatella

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La cattiveria è quello stato di bassa energia in cui si vive intrappolati, senza saperlo. Come nel bellissimo capolavoro “La vita è sogno” di Calderon de la Barça, difficile è accorgersene finché la mente razionale non lo comprende. Solo allora, facendo le dovute differenze, si può SCEGLIERE la dimensione della propria vita e liberarsi.

Posted by Le donne più malvagie della storia d’Italia on Mercoledì 22 aprile 2015

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Aiello Calabro. Il 19 giugno 2012, alle ore 18,00, ad Aiello Calabro nel “Teatro Comunale” si è svolta la manifestazione di chiusura del Programma “Una Scuola per la Legalità”, realizzato dall’Istituto Comprensivo Statale di Aiello Calabro in collaborazione con il Comune di Aiello Calabro, con l’Istituto Comprensivo Statale “Mameli” di Amantea e con l’Associazione  “Arteneò” di Belsito, partner del progetto.

Il programma realizzato è il risultato di un Accordo di Cooperazione sottoscritto tra l’I. C. di Aiello Calabro ed il Comune di Aiello, denominato “Progetto Scuola – Territorio”, che si prefigge di “favorire e costruire:

a) l’ampliamento dell’offerta formativa scolastica e territoriale; b) la fruizione ed ottimizzazione delle risorse scolastiche ed extrascolastiche; c) l’utilizzo di supporti amministrativi comunali a sostegno dell’attività delle scuole”.

La manifestazione ha suscitato molto interesse e riscosso pieno successo; infatti  erano presenti i rappresentanti delle Istituzioni  aderenti al Progetto, come il Dirigente Scolastico dell’I. C. “Mameli” di Amantea  prof.  Marcello Mannarino, oltre, ovviamente, al Dirigente Scolastico ospite, prof.ssa Policicchio, insieme al suo predecessore in pensione, prof. Mario Giannuzzi; gli alunni che hanno partecipato alle attività didattiche accompagnati dai rispettivi docenti; i Presidenti delle associazioni che operano sul territorio e cooperano con la scuola in diverse attività; un folto pubblico di genitori e giovani studenti.

Ha aperto i lavori il Dirigente Scolastico dell’I. C. di  Aiello Calabro, soggetto capofila, prof.ssa Caterina Policicchio, che ha innanzi tutto rivolto  calorosi ringraziamenti al pubblico presente, ai rappresentanti delle Istituzioni e delle Associazioni, ai genitori, agli alunni ed ai docenti. Quindi è stato il momento dei saluti ai relatori presenti in locandina.

Di seguito, nella sua qualità di Coordinatrice del Progetto, ha esposto i contenuti del POR e messo in evidenza i risultati raggiunti. In particolare si è soffermata sullo spirito di base che ha ispirato l’iniziativa del partenariato ed il lavoro portato avanti, che è quello di mettere insieme diverse capacità operative ad alta qualificazione  per contribuire in modo specifico e attraverso un’unica struttura organizzativa ai processi d’innovazione nel campo della didattica.

Le competenze che si è voluto incrementare  in questo momento sono quelle che riguardano il campo della musica, del teatro e dell’espressione, della comunicazione linguistica, attraverso “percorsi didattici miranti alla prevenzione ed al recupero della dispersione scolastica nelle aree ad elevato disagio sociale”. Il lavoro è stato diviso nei seguenti moduli formativi:

1)      Laboratorio Cittadinanza Attiva, Azione “competenze sociali e civiche”;

2)      Inglese animato, Azione “comunicazione nelle lingue straniere”;

3)      Tecnologia al servizio dell’Ambiente, Azione “competenze di base in scienze e tecnologie”;

4)      Laboratorio Musicale, Azione “consapevolezza ed espressione culturale”;

5)      Teatrando, Azione “consapevolezza ed espressione culturale”;

6)      Lo sviluppo dell’Informatica, Azione “competenze di base in nuove tecnologie”.

Ciascun modulo ha avuto la durata di 60 ore.

Quanto ai risultati, la Dirigente Policicchio ha messo in risalto i seguenti, che sembrano davvero significativi:

–          socializzazione tra ragazzi appartenenti a realtà scolastiche diverse; e qui ha illustrato il ruolo positivo del campo scuola;

–          creazione di laboratori creativi capaci di mettere in atto un’operosità singolare che ha aperto nuovi orizzonti ai nostri ragazzi;

–          lavoro ai precari: attraverso questa iniziativa si sono aperte occasioni di nuovo lavoro ai precari, con evidente ricaduta positiva sul piano economico e sociale per l’ambiente ed il territorio;

–          apertura pomeridiana delle scuole del territorio, il kche vuol dire creare ambienti prottetti dove i nostri giovani vengono accolti e dove il fare li rende protagonisti attivi, togliendoli a tentazioni e pratiche devianti, che purtroppo sono spesso presenti nella nostra società.

La Dirigente Policicchio è quindi passata a ringraziare quanti con la loro adesione e la loro opera hanno consentito la realizzazione del POR:

–          il Comune di Aiello Calabro, che, come partner, ha sottoscritto l’Accordo di Cooperazione con la finalità comune di aiutare i nostri giovani a crescere in modo sano;

–          L’I. C. “Mameli” di Amantea;

–          l’Associazione “Arteneò”, che ha messo in campo professionisti in ambito musicale, teatrale, linguistico ed espressivo;

–          gli esperti esterni, i tutor esterni, i collaboratori scolastici, l’animatore interno, i docenti accompagnatori al campo scuola;

–          l’Ufficio di Segreteria: Luigi Zagordo, il Segretario per l’aspetto finanziario, Giuseppe Vairo per la nomina dei docenti;

–          la Docente vicaria, prof.ssa Franca Cuglietta, che come referente del monitoraggio del POR l’ ha affiancata in tutte le fasi progettuali con entusiasmo e spirito di collaborazione operosa.

Quindi, passando alle conclusioni della sua appassionata illustrazione, ha richiamato le parole che Don Bosco ripeteva ai suoi educatori: ”Amate le cose che amano i giovani”; e ancora:” Non ho mai conosciuto un giovane che non avesse in sé un punto accessibile al bene, qualcosa di positivo, facendo leva sul quale ho ottenuto molto di più di quanto desideravo (…). Ed ai giovani diceva: “Basta che siate giovani perché vi ami assai”. “Si crea così – ha osservato la Dirigente – tra educatore ed educando un canale comunicativo che permette con il tempo la trasmissione dei valori”.

Successivamente hanno preso la parola i rappresentanti delle Istituzioni; tra questi la prof.ssa Lucia Baldini, Assessore all’Istruzione del Comune di Aiello Calabro, che ha portato i saluti del Sindaco e dell’Amministrazione Comunale ed ha sottolineato che il Comune, come ha fatto già in passato, è e sarà ancora al fianco della scuola in questa ed in tutte le iniziative, perché crede nel valore educativo della scuola e nel suo ruolo di formatrice  per la costruzione di una società più giusta e più civile, progredita e più a misura d’uomo.

Trieste Marrelli, in rappresentanza dell’Associazione partner “Arteneò”, ha illustrato il senso ed il valore dell’animazione teatrale come attività di formazione ed il lavoro che hanno fatto i ragazzi, realizzando “un laboratorio sperimentale dove ciascuno e tutti insieme si verificano sul piano dell’espressione e della comunicazione scoprendo anche possibilità personali”.

Poi si è dato spazio ai veri protagonisti della serata. I ragazzi delle scuole dell’I. C. di Aiello Calabro e dell’I. C. “Mameli” di Amantea, guidati dai Docenti che li hanno seguiti nella realizzazione del progetto, i quali hanno anche presentato ed illustrato le attività portate avanti, si sono esibiti nei lavori realizzati, dando prova di avere raggiunto pienamente i risultati preventivati sia sul piano del metodo di lavoro sia su quello del possesso degli strumenti specifici dell’attività didattica realizzata. Dalla musica al canto, alla recitazione in lingua italiana, all’interrogazione-conversazione in lingua inglese, alla danza hanno dato prova di sapersi muovere con sicurezza e competenza, meritando gli applausi e l’attenzione del pubblico, che ha mostrato di gradire quanto è stato fatto nelle aule e nei laboratori e rappresentato sulla scena.

Alla fine la prof.ssa Franca Cuglietta, la quale nella sua qualità di referente didattico-scientifico  è stata l’anima del Progetto e si è prodigata al fianco della Dirigente nell’ideazione ed elaborazione, nonché nell’attuazione e nel monitoraggio di tutte le fasi della messa in opera dello stesso, ha consegnato gli Attestati agli alunni che hanno partecipato al Progetto medesimo,

contribuendo con il loro impegno al buon risultato del lavoro sostenuto con tanto entusiasmo.

Aiello Calabro, 20 giugno 2012                                     Franco Pedatella

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Oggi a Savuto di Cleto nell’edificio della Scuola Secondaria di 1° grado di Cleto, alle ore 9,30, si è svolta la manifestazione finale del Progetto PON Le(g)ali al Sud a cui ha partecipato come relatore don Giacomo Panizza, fondatore e presidente della “Comunità Progetto Sud” di Lamezia Terme.

Quest’incontro, insieme a quello svoltosi  precedentemente ad Aiello Calabro con l’onorevole Salvatore Magarò, presidente della Commissione Regionale contro la ‘ndrangheta, costituisce un importante momento programmato del progetto a cui l’Istituto Comprensivo di Aiello Calabro ha aderito, con il partenariato del Comune di Aiello, e che ha visto impegnati gli alunni delle quarte e quinte classi dei Plessi della Scuola Primaria di Aiello e di Cleto.

Il progetto, fortemente voluto dal Dirigente Scolastico, prof.ssa Caterina Policicchio, ha coinvolto il prof. Giuseppe De Vita, in qualità di Referente valutazione del progetto, le maestre Luisa Magli e Anna Maria Milito, nella veste di Tutor interne rispettivamente per il Plesso di Aiello e quello di Cleto, le dottoresse Eugenia Pagliaro e Laura Coccimiglio, quali Tutor esterne rispettivamente per il Plesso di Aiello e quello di Cleto, e la prof.ssa Franca Cuglietta, organizzatrice delle visite agli Enti locali previste nel progetto.

Oltre a questi, hanno presenziato all’incontro il Presidente del Consiglio d’Istituto, sig.ra Rosaria Falsetto, il Sindaco del Comune di Cleto, prof. Giuseppe Longo, il Vicesindaco di Cleto, Armando Bossio, l’Assessore alle politiche sociali del Comune di Aiello Calabro, dott.ssa Rosetta Lepore, in rappresentanza del Sindaco, altre autorità civili, quelle militari, rappresentate dai Carabinieri della locale Stazione di Aiello Calabro, e quelle associative del luogo.

A coordinare i lavori e moderare gli interventi è stato il prof. Giuseppe De Vita, che ha illustrato per grandi linee motivazioni, contenuti e finalità del Progetto e ringraziato tutti coloro, a cominciare dalle maestre tutor e dagli alunni, che con il loro lavoro hanno reso possibile la sua realizzazione.

Subito dopo  la proiezione del video tratto dalla trasmissione televisiva “Vieni via con me” di Fabio Fazio e di Roberto Saviano, in cui Panizza, che era ospite,  raccontava tutto quello che gli era piaciuto della Calabria e  smentiva lo stereotipo consolidato della nostra come regione della mafia, il prof. De Vita ha presentato la figura di don Giacomo Panizza, prete coraggio nel mirino della ‘ndrangheta.

La Dirigente Scolastica, rivolti i saluti di rito agli intervenuti, alle Autorità ed alle Associazioni e ringraziati caldamente quanti hanno collaborato alla realizzazione del Progetto ed alla preparazione della manifestazione, ha ricordato la bella esperienza del giorno prima quando, recatasi nell’aula della terza classe della Scuola Media, ha fatto proiettare il filmato della trasmissione televisiva “Vieni via con me” ed ha constatato l’attenzione e l’entusiasmo dei ragazzi. Da ciò ha tratto spunto per alcune considerazioni psico-pedagogiche e sociologiche sulla bontà della natura dei fanciulli nel momento della nascita e sull’influenza negativa che su di loro esercita poi la società, tendente a modificarne in peggio tale inclinazione naturale al bene. Da qui è passata ad illustrare la stretta connessione tra il rispetto dell’ambiente e del patrimonio naturale e paesaggistico e la difesa della legalità. Su questo piano è decisivo, ha affermato la Dirigente, l’intervento della scuola, con il suo progetto educativo orientato al rispetto delle regole che presiedono alla vita della comunità. Alla fine del suo intervento ha ricordato i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino come esempi e maestri di vita, di una vita dedicata all’assolvimento del dovere al servizio della giustizia e della legalità.

Quindi l’insegnante tutor Anna Maria Milito, affiancata da alcuni alunni del plesso di Cleto, ha efficacemente illustrato le slide che riproducevano tutto il percorso didattico del Pon svolto, con i vari incontri ed appuntamenti che gli alunni hanno promosso e vissuto attivamente: con le elezioni del loro sindaco, con gli uffici municipali di Aiello, con il Palazzo della Provincia di Cosenza, con la sede del Consiglio Regionale a Reggio Calabria, in cui hanno simulato l’iter della proposta ed approvazione di una legge relativa alla tutela degli animali, con il riciclaggio della carta, con il trattamento del bergamotto e con gli antichi mestieri e gli attrezzi dell’artigianato tradizionale. http://www.scuoleaiello.it/progetto-legali-al-sud-cleto/

Ha poi preso la parola don Giacomo Panizza, che ha sottolineato l’importanza della scuola  nella battaglia quotidiana per la vittoria definitiva contro la mafia, con il suo progetto educativo capace di far crescere uomini e cittadini consapevoli.

Quindi, attraverso la proiezione ed il commento di alcune slide che riproducevano la sua attività in Calabria, ha raccontato la sua esperienza a Lamezia Terme, con linguaggio chiaro fatto di cose e con la semplicità del modo di porsi ed atteggiarsi che gli è tipico e congeniale, spiegando anche in modo interattivo, promovendo la partecipazione attiva dei bambini, alcuni concetti che stanno alla base della sua esperienza al fianco della legalità, permeando la legalità anche di valori umani che vanno oltre gli aspetti formali del rispetto della legge. Ha ricordato come dei diversamente abili entrati in comunità ha fatto uomini attivi pienamente dotati di eguale dignità con gli altri uomini, come dei Rom ha fatto elementi attivi della raccolta differenziata “porta a porta” dei rifiuti, operando positivamente per il superamento della diffidenza e dei pregiudizi che le famiglie di Lamezia nutrivano nei confronti di questi gruppi ed altre iniziative ancora con la semplice ma significativa parola d’ordine “io ci provo”. Ha posto poi l’accento sulla necessità di una riforma culturale, anche perché la mafia “lavora con i piedi per terra” e s’inserisce perfettamente nelle abitudini e nel modo di pensare della gente comune. Sa vestire pure i panni della religione, mostrandosi esteriormente e formalmente devota. Quindi noi dobbiamo bandire certi atteggiamenti dalle nostre abitudini, dal nostro modo di vivere e di pensare, perché anch’essi in un certo senso sono cultura.

L’intervento di don Panizza ha coinvolto i ragazzi di Aiello e di Cleto in un dibattito interessante, che ha visto gli alunni rivolgere appropriate domande.

È stata poi la volta dei rappresentanti delle Istituzioni locali.

Il vicesindaco di Cleto e l’assessore alle politiche sociali di Aiello Calabro hanno portato i saluti delle rispettive Amministrazioni e ringraziato don Panizza per la sua presenza a Cleto e per l’opportunità offerta oggi di discutere di un problema così sentito in Calabria.

Alla fine è seguito un brevissimo intervento di saluto di Franco Pedatella, in rappresentanza di Cletarte, che ha elogiato il comportamento dei bambini, che è stato la prima prova evidente dell’efficacia del corso, ed ha ricordato che la presenza delle Associazioni accanto alla Scuola ed alle altre Istituzioni può costituire una rete capace di vincere la battaglia per il trionfo della libertà, della felicità e della vita contro la delinquenza organizzata che invece rappresenta la morte.

L’incontro si è concluso alle ore 12,00 circa, con la distribuzione di gadget da parte dell’Associazione ANAI di Cleto.

Cleto, 22 marzo 2012                                   Franco Pedatella

 

 

 

 

 

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Qualche giorno fa, nell’articolo intitolato “No all’abolizione del valore legale del titolo di studio”, invitavo il popolo a respingere qualsiasi ipotesi del genere, in qualunque forma venisse presentata, come una terribile iattura ed ingiustizia per il progresso delle classi subalterne in particolare e, comunque, come  un grave colpo contro il progresso in generale.

In quell’occasione individuavo nelle schiere innumerevoli di maestri e professori di ogni ordine e grado, che quotidianamente fanno il loro dovere di educatori e combattono la loro battaglia di civiltà, una grande risorsa.

Ora aggiungo che questa è una risorsa capace di portare il Paese fuori dalle secche, in cui l’hanno fatta incagliare quelli che ad una vera scuola non sono mai stati per frequentarla (non sarebbero così ignoranti, incapaci ed immorali, se l’avessero fatto) e porto un esempio concreto, che in questi giorni mi ha colpito  particolarmente, di come il personale della scuola italiana sia una vera e grande risorsa.

Mi sono trovato qualche giorno fa ai funerali della maestra Maria Fiorentino, madre della prof.ssa Caterina Policicchio, Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo di Aiello Calabro, ed ho ascoltato con interesse la lettura del discorso che i suoi alunni dell’allora quarta elementare, nel lontano 1987, le hanno dedicato nel momento di salutarla perché andava in pensione e che adesso hanno voluto rileggere nel momento dell’estremo saluto.

Essi scrivevano: “ (…) abbiamo scelto questa occasione per salutare la persona che è stata la nostra mamma spirituale (…). Era il 15 settembre 1983; (…) eravamo confusi, frastornati (…). Era il nostro primo giorno di scuola. Ci attendevate sulla porta sorridente, affettuosa (…). Voi ci avete dato i primi elementi del leggere, dello scrivere (…). Ci avete aiutato in tutti i momenti in cui eravamo in difficoltà e ci avete voluto sempre bene. Qualche volta ci avete regalato (…) caramelle, quaderni(…). Io e i miei compagni non dimenticheremo mai quello che voi avete fatto per noi. Tra pochi giorni, purtroppo, perderemo la vostra guida, (…) ma noi tutti vi porteremo nel nostro cuore per sempre. I vostri alunni”.

Allora mi sono detto: questi parlano di mamma spirituale, che li attendeva sorridente sulla porta, come si attende qualcuno in crisi di fiducia in se stesso a cui bisogna ispirare fiducia, infondere coraggio e fornire aiuto e disponibilità. Allora il sorriso è il rimedio migliore. Ma può sorridere solo colui che il sorriso ce l’ha dentro, non altri. Poi parlano di persona che ha voluto sempre bene e regalava caramelle, quaderni e si lamentano perché perderanno la sua guida. Infine la porteranno sempre nel cuore.

Ma per far questo e per sortire simili effetti, signori miei, ci vuole una mamma, ci vuole una maestra, ci vuole una lavoratrice, ci vuole una persona che non si risparmia, che non si limita a fare il mestiere di impiegata, per cui è stata assunta e viene retribuita. Ci vuole, insomma, chi sappia essere contemporaneamente mamma, maestra, educatrice, guida spirituale, lavoratrice, benefattrice ed altro ancora. Chi lavora soltanto per la retribuzione, non va a regalare di tasca propria i quaderni e le penne, persino le caramelle. Ed io conosco delle maestre che comprano con denaro proprio il gesso da usare in aula e la carta per le fotocopie e le penne e i colori e non stanno a guardare l’orologio in attesa che passi l’ora, squilli la campanella che annuncia la fine delle lezioni e poi, di corsa, subito a casa; anzi, si attardano in classe ben oltre la fine dell’ora di lezione e non disdegnano di parlare con alunni e genitori ben oltre l’ora prevista per i ricevimenti ed i colloqui con i genitori.

E, allora, ci sono le risorse in questo Paese! Ecco, queste sono le risorse, sotto i nostri occhi, le risorse perché la scuola sia veramente strumento di formazione e di uguaglianza e mezzo di progresso civile e sociale!

Solo non bisogna farle disperdere, non bisogna stancarle né logorarle inutilmente, soprattutto non bisogna demotivarle, avvilirle, squalificarle agli occhi della società, deprivarle di quanto occorre perché siano all’altezza del compito sempre più difficile che le attende.

Il mondo della scuola è un ambiente complessivamente sano e, nel disorientamento generale, è elemento di sicurezza ed ancoraggio certo contro deviazioni e depravazioni. Ma alla scuola non si può chiedere tutto senza concederle niente. Soprattutto non bisogna lasciarla sola nelle difficoltà, ma bisogna operare una saldatura, una nuova alleanza tra la scuola e la famiglia, perché l’una non operi in modo difforme dall’altra ed ambedue siano insieme guida sicura in base ad un progetto formativo concordato e condiviso, che non lasci spazi a malintesi rimedi di comodo.

In una parola, bisogna lavorare per ricostruire intorno ai ragazzi quella “società educante” che è sempre stata elemento decisivo ai fini di una buona istruzione e di una sana educazione, facendo sì che la scuola e la famiglia, ognuna con il proprio ruolo e le proprie caratteristiche, portino a termine il loro compito.

Chi governa, soprattutto chi governa la scuola, deve capirlo ed operare di conseguenza, per valorizzare una risorsa preziosa che, al di là di disfunzioni particolari e nonostante qualche limite individuale e legato a situazioni particolari e circoscrivibili, è funzionale a qualsiasi progetto di rinascita, di progresso e di sviluppo sul piano economico ed umano.

Si tratta quindi di riaffermare la centralità della funzione della scuola nella società e non di abolire il valore del titolo che essa rilascia, dopo aver operato per dequalificarla!

 

 

Cleto, 11 febbraio 2012                                                        Franco Pedatella

 

Blog: francopedatella.com

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Non voglio dare l’impressione di essere masochista, ma se la neve che è arrivata, come del resto fa ogni anno (per chi “ha sale nel cervello”), è in quantità tale da  far capire al popolo italiano come stanno realmente le cose, mi sento di dire che, almeno per una volta, è la benvenuta.

In realtà, al di là delle ridicole polemiche tra il sindaco di Roma ed il capo della Protezione Civile, il problema è al di là del disagio romano: uno Stato serio (o qualunque organismo istituzionale) si attrezza ad un livello nettamente superiore a quello che “storicamente” è il “livello di guardia” delle calamità e delle emergenze verificatesi o che si possono verificare. Così fa nel suo piccolo anche il comune padre di famiglia dotato di un minimo di buon senso.

Ma, se chi governa presenta continuamente nelle parole lo Stato come un “grande ladrone che mette le mani nelle tasche dei cittadini”, allora il messaggio è quello che va in direzione di uno Stato che deve essere “disarmato”, vorrei dire disattrezzato, e di un modello di società in cui ci sia “meno Stato”.

Allora, se si vuole “meno Stato”, cioè una presenza piccola e quasi occasionale e non decisiva dello Stato nella società civile, non ci si può lamentare se di fronte ad una nevicata lo Stato non c’è: i mezzi della Protezione Civile, al di là delle possibili responsabilità interne alla Protezione Civile medesima, non sono per le strade a prevenire ed a soccorrere i cittadini di fronte ad un caso di emergenza.

Non sono per le strade, perché non ci sono, e non ci sono, forse perché non hanno uomini né carburante, ed in ogni caso perché c’è “meno Stato, e c’è “meno Stato, perché chi ha governato questo Paese ha voluto uno Stato meno presente, e comunque una sua presenza dequalificata, nei posti strategici della vita dei cittadini, dalla giustizia ai trasporti, dalla scuola alla sanità, dalla protezione civile alla sicurezza sociale, dalla lotta alla criminalità ed all’evasione fiscale al servizio della tutela dell’ordine pubblico.

Pensate: la neve ha bloccato un intero Paese. È impensabile! Inimmaginabile!

“Meno Stato”, dicono lor signori, propinandoci la lezione quotidiana del loro liberismo, perché ci vuole uno Stato più “leggero”, meno “pesante”, che “costi di meno” e chieda meno tasse! A chi? Ai ricchi, visto che i poveri le pagano già!

Di questo passo, quello che è accaduto oggi sulle strade e lungo le ferrovie per la neve, domani accadrà negli ospedali in caso di qualche emergenza; anzi talora, in forma transitoria, accade già.

Si pensi ai posti di pronto soccorso insufficientemente attrezzati  e di conseguenza alle ambulanze ferme perché non possono liberare le barelle mentre un “infartuato” richiede aiuto. I treni non hanno personale sufficiente, i binari delle ferrovie non vengono ispezionati, gli autobus non sono forniti di catene e di gomme antineve, le strade non vengono curate, gli ospedali non hanno sufficienti medici né personale ausiliario, le scuole sono in smobilitazione per “dimagrimento dei contenuti” e per insufficienza di insegnanti e di personale degli uffici.

E qui mi fermo per esigenza di brevità.

Lo sappiano i cittadini italiani!

Se non c’è lo Stato,  il cittadino oggi deve spalare la neve da solo e rimane bloccato nei treni, domani dovrà fare da sé anche di fronte ad un’emergenza più grossa quale può essere un’epidemia. Lo sappia questo popolo, che dal ruolo di popolo colto e maestro di civiltà è passato a quello di massa di creduloni, ammaliati dal primo venditore di fumo che passa, incapaci di collegare logicamente due nozioni o due concetti!

In una scuola seria, dell’alunno che non sa collegare si dice che è privo di senso logico e non viene promosso.

Ecco perché, allora, forse c’è bisogno della neve come maestra capace di non farlo bocciare!

Cleto, 5 febbraio 2012                                                              Franco Pedatella

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Quello che il popolo non può e non deve mai accettare è l’abolizione, non importa se decisa o programmata, del valore legale del titolo di studio, perché la scuola, in particolare quella pubblica, la conquista del titolo di studio ed il suo valore legale sono stati lo strumento fondamentale del riscatto sociale e civile delle classi popolari.

Attraverso lo studio, duro e serio, i “figli del popolo” hanno “conquistato”, dico conquistato perché di vera e propria conquista si è trattato, la vera pari dignità nei confronti dei “figli di papà” del tempo, che, se svogliati e decadenti, hanno perduto il passo di marcia in avanti, se volenterosi, hanno meritatamente conservato, nella scala economica e sociale, il posto ed il “grado” che loro spettavano, senza alcuna discriminazione.

Questo dico ed affermo io che all’epoca, nell’anno 1960, in un piccolo e laborioso paese della Calabria, in provincia di Cosenza, fui il primo, proveniente dal ceto popolare, ad iscrivermi al Liceo Classico di Cosenza, la scuola dei ricchi, dei “signori” (così veniva chiamata ed era in gran parte), facendo quasi “scandalo” in mezzo al popolo timido e ignorante (ma con la simpatia e l’incoraggiamento della parte più avanzata, progressista ed avveduta degli aristocratici) e ad avere “l’onore” ed il piacere di ricevere, nell’anno 1962, da parte dell’allora Ministro Luigi Gui, una lettera di notifica e le congratulazioni per il superamento del concorso per la concessione di una succosa borsa di studio triennale.

Allora gran parte del popolo del Meridione d’Italia non si rendeva conto del miracolo che stava avvenendo sotto i suoi occhi, ma la portata storica della cosa non sfuggiva all’attenzione sempre vigile dei ceti privilegiati, che allora hanno subito lo scacco.

Ricordo a quanti non lo sanno, ma avrebbero il dovere di saperlo: grandissima fu la resistenza dei ceti privilegiati all’apertura della scuola a tutti, come recita la Costituzione Repubblicana; grandissima fu la loro resistenza quando i Comuni in cui erano al governo le forze democratiche e popolari favorirono la frequenza della scuola pubblica anche da parte dei figli di operai e contadini con l’apertura di scuole anche nelle campagne e perfino con la costruzione di edifici scolastici nelle zone rurali.

Ora è da qualche decennio che quella resistenza conservatrice, opportunisticamente silente ma mai sopita, ha ripreso forza e vigore, direi coraggio, e, non potendo far  tornare indietro la storia (chiudendo la scuola al popolo), la affatica, la fa vivere in affanno, la dequalifica, la svuota di contenuti, ne mina quasi la ragion d’essere, per cancellare poi abbastanza agevolmente ed in maniera, direi quasi, indolore il valore legale del titolo di studio che essa rilascia come ultimo atto della sua funzione e del suo operato; anche perché intanto questa resistenza conservatrice s’è fatta finanziare a proprio uso e consumo dallo Stato, di cui per altri versi nega l’utilità, la scuola privata ed  ha cercato di renderla un po’ più qualificata e presentabile (una volta era il diplomificio degli svogliati e degli incapaci figli di papà in fuga dalla scuola pubblica seria verso scuole facili e compiacenti).

Ora è assolutamente necessario che il popolo si liberi dal lungo torpore a cui l’ha condannato l’abbondante dose di droga berlusconiana (di Berlusconi sia come capo di governo che come proprietario di televisioni private a diffusione nazionale, che hanno terribilmente abbassato la qualità della televisione tradizionale e, di conseguenza, i gusti e la “cultura” del pubblico) e comprenda che questo provvedimento colpisce al cuore ogni suo progetto di riscatto civile e sociale. A meno che questo popolo non voglia farsi raffigurare come colui che, in un momento favorevole regalatogli da padri e nonni saggi, sia soddisfatto di aver messo la cravatta e creda di aver raggiunto per sempre la felicità e poi, non conoscendo la storia degli uomini, faccia tornare indietro, per infingardaggine e colpevole ignoranza, fino ai pantaloni con le toppe e le scarpe rotte, quando non a piedi nudi, i figli ed i nipoti.

Quanto al presidente Monti, egli ha la mia stima personale, perché è persona degna e seria e non fa il Pulcinella dentro e fuori dei confini nazionali.

Ma non capisco che cosa questo provvedimento abbia a che fare con il risanamento e l’emergenza che oggi vive il nostro Paese.

Semmai occorre la restituzione, alla scuola italiana, tutta intera, della sua piena funzione e dignità di istituzione (attenzione, ho detto istituzione, non agenzia, come è purtroppo assai spesso di moda nel linguaggio anche ministeriale di questi tempi) costituzionalmente deputata ed organicamente strutturata per l’istruzione e la formazione.

Si faccia anche piazza pulita di tanta equivoca e malintesa autonomia che, lungi dal valorizzare risorse e storia locali intese all’arricchimento culturale, facendo ricorso spropositato alla pratica dei progetti spesso finalizzati a reperire risorse economiche per la sussistenza della scuola, semplicemente riduce, spezzetta, assottiglia e rende superficiali i contenuti di un sapere unitario nazionale, producendo oggi diseguaglianze nella formazione e nell’istruzione e creando i presupposti e giustificando, in prospettiva, future discriminazioni regionali o locali.

Ovviamente capisco il provvedimento come punto fermo ed occasione di successo di quella volontà di  “rivincita della destra” che ho cercato di descrivere in precedenza.

Ma è per questa ragione che un popolo degno di questo nome non deve accettarlo, anzi, se approvato e convertito in legge, appena possibile, deve cancellarlo.

La scuola pubblica italiana, la foltissima schiera dei maestri e dei professori che ogni giorno, anche in mezzo all’incomprensione generale, anche di fronte ad attività e pratiche demolitorie di  ministri  che hanno remato contro anziché aiutarli e sostenerli nella loro opera quotidiana di lotta contro l’ignoranza e l’arroganza degli ignoranti, fanno il loro dovere di educatori, sono, essi sì, una risorsa preziosa per la rinascita del Paese.

Essi, quindi, si propongano di cambiare questo provvedimento, anche migliorando la qualità del loro lavoro, oserei dire della loro santa missione, perché questo provvedimento, appunto, vanifica ogni loro sforzo e condanna alla marginalità sociale ed economica tanti giovani volenterosi ma privi di mezzi.

Uno stato ricco dell’esperienza di duemila anni di storia, lo Stato della Città del Vaticano, nonostante i suoi macroscopici errori commessi nel corso dei secoli, dovrebbe insegnare qualcosa circa l’opportunità della promozione avveduta delle energie migliori senza discriminazione alcuna, se consente anche al figlio di un umile contadino di arrivare all’apice della piramide e della “carriera” ecclesiastica: parlo di Angelo Roncalli, divenuto Papa Giovanni XXIII.

Non ci vuole molta fantasia per immaginare che cosa succederà in un paese come il nostro, dove già vige tanta “discrezionalità” nel valutare un giovane, che non ha “santi in paradiso”, concorrente ad un posto di lavoro o di responsabilità, se persino un titolo di studio ed un voto, che certificano in modo inoppugnabile un percorso di studi, non varranno più come prova oggettiva ed incontestabile di valore. Il “padrone di turno”, che seleziona ed assume, non avrà più alcun freno alla propria libera “discrezionalità”.

Aiello Calabro, 27 gennaio 2012                                     Franco Pedatella

 

Blog: francopedatella.com

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Tutti in piedi

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Quelli che sostengono oggi il ritorno all’immunità parlamentare o ignorano la storia oppure la conoscono ma fanno finta di ignorarla.
Nel primo caso, in quanto ignoranti, non sono in grado di governare il Paese, anzi abusano della fiducia ricevuta dai cittadini elettori; nel secondo caso sono rei di tradimento del loro compito, che è quello di governare il Paese nell’interesse del Paese medesimo, cioè di quel complesso di abitanti-cittadini, organizzazione politica e giuridica e territorio che siamo soliti definire Stato.
Mai e poi mai, infatti, i Padri Costituenti si sarebbero sognati d’introdurre nella nostra Costituzione il principio dell’immunità solo per consentire ai “politici” di coprire i loro traffici illeciti contro lo Stato per cui lavorano ed al quale hanno solennemente giurato fedeltà.
I Padri Costituenti ben sapevano che un parlamentare che esprimeva la propria libera opinione o difendeva i ceti più deboli e sosteneva una massa di cittadini in sciopero poteva facilmente incorrere nell’accusa di tentativo di sedizione, di turbamento dell’ordine pubblico, di attentato alla sicurezza dello Stato; essi avevano ben presenti le persecuzioni fasciste di recente memoria e quelle che più in generale un governo autoritario, attraverso gli organi di polizia asserviti ad una logica di potere e di difesa dei privilegi dei potenti, avrebbe potuto attuare nei confronti del dissenso e degli oppositori.
L’immunità era, quindi, uno strumento di difesa della libertà personale del parlamentare che metteva la propria opera e impegnava la propria persona a difesa dei deboli, o comunque di una parte sociale altrimenti soccombente, contro i cosiddetti poteri forti e contro un governo di privilegiati e di potenti.
I Padri Costituenti non hanno mai pensato di offrire, con l’immunità, una copertura od una sorta di impunità ad un potente che, nell’esercizio della sua funzione o del suo mandato da espletare nell’interesse dello Stato, lo tradisse per trarne profitto personale.
Saremmo al capovolgimento della logica e dei valori fondanti della Repubblica.
Ricordo a chi mi legge ed insegno ai giovani, che non lo sanno, che fino a poco tempo fa chiunque avesse una causa pendente od un conto in sospeso con il proprio Comune o una bolletta di una sola lira non pagata non era eleggibile neppure alla carica di consigliere comunale del più sperduto Comune d’Italia, anche se di poche centinaia di abitanti.
Non ci doveva essere, per legge, conflitto d’interesse tra quel piccolo Comune ed un suo futuro consigliere che si fosse macchiato della colpa di non aver pagato la bolletta dell’acqua o il dazio o una qualsiasi altra tassa, anche se dell’importo di una sola lira.
Ora capite che cosa significa separazione tra pubblico e privato?
Capite perché la ditta appaltatrice di un qualsiasi lavoro, ancorché piccolo, non può essere coincidente con la persona di consigliere comunale? Capite perché la stessa persona non può essere contemporaneamente controllore e controllato?
Capite l’enorme bugia che vanno raccontando quattro miserevoli pennivendoli furfanti, per vestire di panni nobili l’immunità di certi “galantuomini”, una miserevole ed ignobile questione legata alla tutela illegittima degli interessi privati, non di chi vorrebbe coprirsi le spalle nei confronti di una persecuzione politica legata all’agitazione di masse di lavoratori o alla difesa dei principi di libertà contro il potere autocratico di una classe dirigente di potenti privilegiati, conservatori e reazionari, ma di un potente che, accusato di reati penali e fiscali nei confronti dello Stato, cui ha giurato fedeltà, vuole sfuggire alla giustizia sottraendosi a regolare processo?
L’immunità parlamentare, quella vera, è un’altra cosa.
Simili pennivendoli e venditori di parole da bancarella arrossiscano di vergogna e voi, giovani, comprendete come vi vogliono raggirare per coartare la vostra volontà inconsapevole!
La volontà veramente libera è quella consapevole.
Perciò avete il dovere di istruirvi e di non credere ai furfanti della moderna ragion di stato.
Ecco perché oggi avete una ragione in più per votare sì all’abrogazione del legittimo impedimento: questo impedimento di cui si parla, infatti, è veramente illegittimo ed ingiusto, tremendamente iniquo, perché viola il principio su cui si fonda lo stato moderno: l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, una volta aboliti i privilegi dei potenti.
Il popolo parigino nel 1789 è insorto per portare, finalmente, di fronte alla Convenzione Nazionale, che lo condannò, il re di Francia.
Volete tornare indietro?

Cleto, 7 giugno 2011 Franco Pedatella

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