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Archive for 6 gennaio 2012

Il testo è stato concepito dopo aver parlato telefonicamente con mio zio Giovanni Chilelli.

Nel corso della conversazione l’ho informato del fatto che l’AUSER di Amantea per il tre di gennaio appena trascorso ha organizzato nella Chiesa Matrice di Amantea, città natale dello zio, la seconda edizione di canti della tradizione natalizia all’interno della quale si è fatta promotrice dell’incontro di più culture, tra cui era presente anche quella africana tramite la presenza di un gruppo di migranti che oggi si sono stabiliti ad Amantea e che noi, come AUSER, cerchiamo di aiutare ed integrare anche attraverso l’insegnamento volontario della lingua italiana da parte di soci esperti nella disciplina della lingua d’origine e di quella italiana. Nel programma erano previsti due momenti poetici, dei quali uno è stato dedicato alla recitazione di una mia composizione in versi a cura della Presidentessa della FIDAPA di Amantea, Franca Dora Mannarino. Con mia grande meraviglia ed in modo da me veramente inaspettato, alla fine della manifestazione mi è stata consegnata una targa in ceramica, con lavorazione a mano eseguita dall’artista Pedrito Bonavita, autore anche di una scultura inaugurata in Amantea nella Casa delle Culture il 12 marzo 2011 in occasione della celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. La stessa targa è stata consegnata a tutti gli artisti che hanno eseguito i brani musicali della serata, ma io pensavo di aver composto il brano solo a fine riempitivo e di variazione. Ecco perché non mi aspettavo il premio. Quindi mio zio Giovanni, che è direttore didattico in pensione, ha cominciato a dirmi che dai contatti che lui ha con Amantea gli risulta che in questa cittadina mi stimano molto, ma io mi sono schermito un po’ dicendo che ho fatto l’insegnante di liceo solo facendo il mio dovere e che mi diletto a scrivere dei versi, i quali non sono per niente poesia, la quale è un’altra cosa.

 

Caro zietto, or t’invio con questo

un picciol saggio del mio verseggiare.

È sol di fantasia un picciol gesto

che mai non oso definir poetare.

 

Poetar è strugger d’animo in tormento,

che si consuma al fuoco di lucerna

e scava e lima in sé in ogni momento

per trarne fuori fiamma di lanterna,

 

che gli uomini illumini in cammino

o sé consoli se il dolor l’opprime

o, se talor in cuor fa capolino

 

il riso, goda. L’arte al tutto imprime

la forma che a quel corpo si modella

meglio sί che all’uomo al ben favella.

 

Cleto, 5 gennaio 2012                 Franco Pedatella

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Il testo è stato composto in occasione della serata che trascorriamo nella Chiesa Matrice di Amantea dedicata a San Biagio per festeggiare la Seconda Rassegna di Canti e Suoni della Tradizione Natalizia, organizzata dall’AUSER di Amantea. L’amico Tonino Perricone mi ha cortesemente sollecitato a comporre per l’occasione un brano poetico che richiamasse i valori autentici del Natale, concretamente rappresentati anche dalle presenze pluriculturali, provenienti da diverse parti della Calabria e dal mondo dell’immigrazione. La fraterna amicizia del prof. Perricone  e le parole con cui mi ha presentato l’evento  sono state di stimolo per il volo della mia fantasia.

 

 

Sotto le arcate ampie di san Biagio

per festeggiar Natale in modo degno

son convenuti da ogni parte adagio

a consegnar d’amore il loro pegno.

 

Canti, non vil denaro, bei sorrisi

portano al bambinel che rappresenta

il mondo in cui son variegati i visi

e l’anima di ognuno all’altro è attenta.

 

Di pace è atmosfera e fratellanza:

coi Càlabri latini è l’Albanese,

gli zampognari il latte e sua fragranza

hanno lasciato al monte con le spose,

 

mentre la neve fiocca sopra i tetti

e i bimbi stanno accanto al focolare

ad aspettar che mamma lor li alletti

al sonno con le fiabe di Natale.

 

Che suono di zampogne, che armonia

da quelle canne vien con soffio e cuore!

Ai bimbi echeggia come litania

che induce il sonno, il pensier dolce e amore.

 

Dalla ventosa Lago qui i cantori

ci portan tradizioni e lor folclori

dai luoghi ove un dί sbocciâr gli amori

tra ninfe e adoni nei silvani cori.

 

Ma superati or son pagani riti

e ninfe e adoni or son Madonne e Santi.

Perciò da bocche loro odo usciti

suoni cristiani e religiosi canti.

 

Con clarinetti e banda musicale

si fa sentir la scuola che a Mameli

è intitolata e in questo dì speciale

intona marce che van su nei cieli.

 

Da Falconara il Gruppo Haréa ci porta

la melodia arbёreshё originale,

che in cielo il cuore candido trasporta

con canti, assolo e musica corale,

 

qual si conviene in questo giorno santo,

in cui tacere devono i contrasti,

come succede in Terra, ahimè, ogni tanto

quando dimentichiamo i dì nefasti.

 

Si tendono le braccia con calore,

le mani incrocian mani di fratelli

che non han pelle più di un sol colore,

come ci volle il Padre e siam più belli.

 

L’Africa manda le sue vibrazioni,

da terra che ha nel cuore il ballo e il canto;

con gli strumenti a corda e percussione

trasmette un’esistenza dolorante

 

di un corpo nato a stare in armonia

con il creato e il ritmo delle cose,

prima che le mandasse in avaria

colui che tutto a sé piegar pretese.

 

Sono i migranti che senza le stelle,

in una notte buia un mare oscuro

attraversâro, privo di fiammelle

che a porto li guidassero sicuro.

 

L’Africa canta “Bimbo, mio tesoro”

e il suon n’echeggia sotto nostre arcate

sì che l’Occidentale è frate al Moro

dentro lo spazio di queste navate,

 

donde si leva al cielo un canto solo

dal Coro della Chiesa di San Biagio,

il qual da Oriente il piè qui pose al suolo

perché qui ogn’uom sia frate e a proprio agio.

 

Quest’inno manda tutti in visibilio

con l’armonia che fa trasecolare;

ognun si sente in cuor d’altrui  ausilio,

pronto a donarsi all’altro e ad amare.

 

Dopo a rifocillar le lingue stanche

e braccia e gambe dal danzar  spossate,

“grispelle” e “monacelle” sulle panche

vorràn con vino essere gustate.

 

 

Saranno il segno di quest’alleanza

che al mondo lega poveri e diversi,

perché non sia trincea la differenza

tra uomini mai più l’un l’altro avversi.

 

Franco Pedatella

 

Amantea, Chiesa Matrice, 3 gennaio 2012

 

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