Il testo è stato concepito dopo aver parlato telefonicamente con mio zio Giovanni Chilelli.
Nel corso della conversazione l’ho informato del fatto che l’AUSER di Amantea per il tre di gennaio appena trascorso ha organizzato nella Chiesa Matrice di Amantea, città natale dello zio, la seconda edizione di canti della tradizione natalizia all’interno della quale si è fatta promotrice dell’incontro di più culture, tra cui era presente anche quella africana tramite la presenza di un gruppo di migranti che oggi si sono stabiliti ad Amantea e che noi, come AUSER, cerchiamo di aiutare ed integrare anche attraverso l’insegnamento volontario della lingua italiana da parte di soci esperti nella disciplina della lingua d’origine e di quella italiana. Nel programma erano previsti due momenti poetici, dei quali uno è stato dedicato alla recitazione di una mia composizione in versi a cura della Presidentessa della FIDAPA di Amantea, Franca Dora Mannarino. Con mia grande meraviglia ed in modo da me veramente inaspettato, alla fine della manifestazione mi è stata consegnata una targa in ceramica, con lavorazione a mano eseguita dall’artista Pedrito Bonavita, autore anche di una scultura inaugurata in Amantea nella Casa delle Culture il 12 marzo 2011 in occasione della celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. La stessa targa è stata consegnata a tutti gli artisti che hanno eseguito i brani musicali della serata, ma io pensavo di aver composto il brano solo a fine riempitivo e di variazione. Ecco perché non mi aspettavo il premio. Quindi mio zio Giovanni, che è direttore didattico in pensione, ha cominciato a dirmi che dai contatti che lui ha con Amantea gli risulta che in questa cittadina mi stimano molto, ma io mi sono schermito un po’ dicendo che ho fatto l’insegnante di liceo solo facendo il mio dovere e che mi diletto a scrivere dei versi, i quali non sono per niente poesia, la quale è un’altra cosa.
Caro zietto, or t’invio con questo
un picciol saggio del mio verseggiare.
È sol di fantasia un picciol gesto
che mai non oso definir poetare.
Poetar è strugger d’animo in tormento,
che si consuma al fuoco di lucerna
e scava e lima in sé in ogni momento
per trarne fuori fiamma di lanterna,
che gli uomini illumini in cammino
o sé consoli se il dolor l’opprime
o, se talor in cuor fa capolino
il riso, goda. L’arte al tutto imprime
la forma che a quel corpo si modella
meglio sί che all’uomo al ben favella.
Cleto, 5 gennaio 2012 Franco Pedatella