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Archive for febbraio 2012

(Alla nuova sede del Liceo Scientifico Statale di Amantea)

Avendo intenzione di andare a far visita ai miei alunni ed ai miei colleghi nella nuova sede della mia scuola, ho pensato di dedicare loro per l’occasione questi versi. Sono stati scritti in parte a Cleto, in parte nella Sala ticket dell’Ospedale Civile dell’Annunziata di Cosenza, in parte nella Sala d’attesa del Reparto di Dermatologia dell’Ospedale Mariano Santo di Mendicino, perché in questo giorno mi sono spostato nelle suddette località.

Questi versi da una parte vogliono essere un augurio per il futuro, dall’altra vogliono ribadire un concetto ed una certezza da me acquisita da tempo e più volte affermata. Quanto al concetto, lo affermano la legge istitutiva e l’Ordinamento Scolastico del Liceo Scientifico.

Quest’edificio nuovo sia di spinta

a quel che per apprender o insegnare

v’entra e antica lena non allenta,

ché sa che quinci esce quel che andare

 

deve lungo la via della sapienza

che scienza associa a litterae humanae

e pel progresso crea la dirigenza

adatta per nozioni e doti umane.

 

La scienza sola può creare infatti

mostri soltanto di tecnologia,

che all’uomo danno mezzi poco adatti

 

al suo progresso vero in armonia

con l’universo umano e di natura.

Lettere e scienza invece dan cultura

 

che serve per l’umana civiltà,

sbarrando il passo a tecnocrazia.

Così al sevizio della libertà

tiene il sapere la democrazia.

Franco  Pedatella

Cosenza, 26 settembre 2011

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(Il poeta)

Il brano nasce da una fusione tra la figura mitologica della Musa, ispiratrice di poesia, e l’Amore che mi sta al fianco, che si fa a sua volta fonte ispiratrice di poesia. L’occasione di questo accostamento è data dall’avvicinarsi della ricorrenza di San Valentino, meglio nota come “festa degli innamorati”.

Ogni parola m’esce a mo’ di verso

ed il discorrer fàcesi poesia,

perché Euterpe ho al fianco e il suon suo terso

è soffio al labbro a me di melodia.

 

Le piante, i fiori che con l’occhio sfioro

si fan pulzelle e giovani fiorenti

sí che a mirarli godo e in cuor li onoro,

trovandoli graditi e in sé contenti,

 

e quello che accarezzo a pel di dita,

sassi, aer lieve o da umor gravato,

al tocco ho l’impression che prenda vita

 

e mi sussurri all’aure il disïato

ringraziamento, onde faccio parte

l’Amor che al lato m’è a spirar quest’arte.

 

Cleto, 13 febbraio 2012                              Franco Pedatella

 

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Qualche giorno fa, nell’articolo intitolato “No all’abolizione del valore legale del titolo di studio”, invitavo il popolo a respingere qualsiasi ipotesi del genere, in qualunque forma venisse presentata, come una terribile iattura ed ingiustizia per il progresso delle classi subalterne in particolare e, comunque, come  un grave colpo contro il progresso in generale.

In quell’occasione individuavo nelle schiere innumerevoli di maestri e professori di ogni ordine e grado, che quotidianamente fanno il loro dovere di educatori e combattono la loro battaglia di civiltà, una grande risorsa.

Ora aggiungo che questa è una risorsa capace di portare il Paese fuori dalle secche, in cui l’hanno fatta incagliare quelli che ad una vera scuola non sono mai stati per frequentarla (non sarebbero così ignoranti, incapaci ed immorali, se l’avessero fatto) e porto un esempio concreto, che in questi giorni mi ha colpito  particolarmente, di come il personale della scuola italiana sia una vera e grande risorsa.

Mi sono trovato qualche giorno fa ai funerali della maestra Maria Fiorentino, madre della prof.ssa Caterina Policicchio, Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo di Aiello Calabro, ed ho ascoltato con interesse la lettura del discorso che i suoi alunni dell’allora quarta elementare, nel lontano 1987, le hanno dedicato nel momento di salutarla perché andava in pensione e che adesso hanno voluto rileggere nel momento dell’estremo saluto.

Essi scrivevano: “ (…) abbiamo scelto questa occasione per salutare la persona che è stata la nostra mamma spirituale (…). Era il 15 settembre 1983; (…) eravamo confusi, frastornati (…). Era il nostro primo giorno di scuola. Ci attendevate sulla porta sorridente, affettuosa (…). Voi ci avete dato i primi elementi del leggere, dello scrivere (…). Ci avete aiutato in tutti i momenti in cui eravamo in difficoltà e ci avete voluto sempre bene. Qualche volta ci avete regalato (…) caramelle, quaderni(…). Io e i miei compagni non dimenticheremo mai quello che voi avete fatto per noi. Tra pochi giorni, purtroppo, perderemo la vostra guida, (…) ma noi tutti vi porteremo nel nostro cuore per sempre. I vostri alunni”.

Allora mi sono detto: questi parlano di mamma spirituale, che li attendeva sorridente sulla porta, come si attende qualcuno in crisi di fiducia in se stesso a cui bisogna ispirare fiducia, infondere coraggio e fornire aiuto e disponibilità. Allora il sorriso è il rimedio migliore. Ma può sorridere solo colui che il sorriso ce l’ha dentro, non altri. Poi parlano di persona che ha voluto sempre bene e regalava caramelle, quaderni e si lamentano perché perderanno la sua guida. Infine la porteranno sempre nel cuore.

Ma per far questo e per sortire simili effetti, signori miei, ci vuole una mamma, ci vuole una maestra, ci vuole una lavoratrice, ci vuole una persona che non si risparmia, che non si limita a fare il mestiere di impiegata, per cui è stata assunta e viene retribuita. Ci vuole, insomma, chi sappia essere contemporaneamente mamma, maestra, educatrice, guida spirituale, lavoratrice, benefattrice ed altro ancora. Chi lavora soltanto per la retribuzione, non va a regalare di tasca propria i quaderni e le penne, persino le caramelle. Ed io conosco delle maestre che comprano con denaro proprio il gesso da usare in aula e la carta per le fotocopie e le penne e i colori e non stanno a guardare l’orologio in attesa che passi l’ora, squilli la campanella che annuncia la fine delle lezioni e poi, di corsa, subito a casa; anzi, si attardano in classe ben oltre la fine dell’ora di lezione e non disdegnano di parlare con alunni e genitori ben oltre l’ora prevista per i ricevimenti ed i colloqui con i genitori.

E, allora, ci sono le risorse in questo Paese! Ecco, queste sono le risorse, sotto i nostri occhi, le risorse perché la scuola sia veramente strumento di formazione e di uguaglianza e mezzo di progresso civile e sociale!

Solo non bisogna farle disperdere, non bisogna stancarle né logorarle inutilmente, soprattutto non bisogna demotivarle, avvilirle, squalificarle agli occhi della società, deprivarle di quanto occorre perché siano all’altezza del compito sempre più difficile che le attende.

Il mondo della scuola è un ambiente complessivamente sano e, nel disorientamento generale, è elemento di sicurezza ed ancoraggio certo contro deviazioni e depravazioni. Ma alla scuola non si può chiedere tutto senza concederle niente. Soprattutto non bisogna lasciarla sola nelle difficoltà, ma bisogna operare una saldatura, una nuova alleanza tra la scuola e la famiglia, perché l’una non operi in modo difforme dall’altra ed ambedue siano insieme guida sicura in base ad un progetto formativo concordato e condiviso, che non lasci spazi a malintesi rimedi di comodo.

In una parola, bisogna lavorare per ricostruire intorno ai ragazzi quella “società educante” che è sempre stata elemento decisivo ai fini di una buona istruzione e di una sana educazione, facendo sì che la scuola e la famiglia, ognuna con il proprio ruolo e le proprie caratteristiche, portino a termine il loro compito.

Chi governa, soprattutto chi governa la scuola, deve capirlo ed operare di conseguenza, per valorizzare una risorsa preziosa che, al di là di disfunzioni particolari e nonostante qualche limite individuale e legato a situazioni particolari e circoscrivibili, è funzionale a qualsiasi progetto di rinascita, di progresso e di sviluppo sul piano economico ed umano.

Si tratta quindi di riaffermare la centralità della funzione della scuola nella società e non di abolire il valore del titolo che essa rilascia, dopo aver operato per dequalificarla!

 

 

Cleto, 11 febbraio 2012                                                        Franco Pedatella

 

Blog: francopedatella.com

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Non voglio dare l’impressione di essere masochista, ma se la neve che è arrivata, come del resto fa ogni anno (per chi “ha sale nel cervello”), è in quantità tale da  far capire al popolo italiano come stanno realmente le cose, mi sento di dire che, almeno per una volta, è la benvenuta.

In realtà, al di là delle ridicole polemiche tra il sindaco di Roma ed il capo della Protezione Civile, il problema è al di là del disagio romano: uno Stato serio (o qualunque organismo istituzionale) si attrezza ad un livello nettamente superiore a quello che “storicamente” è il “livello di guardia” delle calamità e delle emergenze verificatesi o che si possono verificare. Così fa nel suo piccolo anche il comune padre di famiglia dotato di un minimo di buon senso.

Ma, se chi governa presenta continuamente nelle parole lo Stato come un “grande ladrone che mette le mani nelle tasche dei cittadini”, allora il messaggio è quello che va in direzione di uno Stato che deve essere “disarmato”, vorrei dire disattrezzato, e di un modello di società in cui ci sia “meno Stato”.

Allora, se si vuole “meno Stato”, cioè una presenza piccola e quasi occasionale e non decisiva dello Stato nella società civile, non ci si può lamentare se di fronte ad una nevicata lo Stato non c’è: i mezzi della Protezione Civile, al di là delle possibili responsabilità interne alla Protezione Civile medesima, non sono per le strade a prevenire ed a soccorrere i cittadini di fronte ad un caso di emergenza.

Non sono per le strade, perché non ci sono, e non ci sono, forse perché non hanno uomini né carburante, ed in ogni caso perché c’è “meno Stato, e c’è “meno Stato, perché chi ha governato questo Paese ha voluto uno Stato meno presente, e comunque una sua presenza dequalificata, nei posti strategici della vita dei cittadini, dalla giustizia ai trasporti, dalla scuola alla sanità, dalla protezione civile alla sicurezza sociale, dalla lotta alla criminalità ed all’evasione fiscale al servizio della tutela dell’ordine pubblico.

Pensate: la neve ha bloccato un intero Paese. È impensabile! Inimmaginabile!

“Meno Stato”, dicono lor signori, propinandoci la lezione quotidiana del loro liberismo, perché ci vuole uno Stato più “leggero”, meno “pesante”, che “costi di meno” e chieda meno tasse! A chi? Ai ricchi, visto che i poveri le pagano già!

Di questo passo, quello che è accaduto oggi sulle strade e lungo le ferrovie per la neve, domani accadrà negli ospedali in caso di qualche emergenza; anzi talora, in forma transitoria, accade già.

Si pensi ai posti di pronto soccorso insufficientemente attrezzati  e di conseguenza alle ambulanze ferme perché non possono liberare le barelle mentre un “infartuato” richiede aiuto. I treni non hanno personale sufficiente, i binari delle ferrovie non vengono ispezionati, gli autobus non sono forniti di catene e di gomme antineve, le strade non vengono curate, gli ospedali non hanno sufficienti medici né personale ausiliario, le scuole sono in smobilitazione per “dimagrimento dei contenuti” e per insufficienza di insegnanti e di personale degli uffici.

E qui mi fermo per esigenza di brevità.

Lo sappiano i cittadini italiani!

Se non c’è lo Stato,  il cittadino oggi deve spalare la neve da solo e rimane bloccato nei treni, domani dovrà fare da sé anche di fronte ad un’emergenza più grossa quale può essere un’epidemia. Lo sappia questo popolo, che dal ruolo di popolo colto e maestro di civiltà è passato a quello di massa di creduloni, ammaliati dal primo venditore di fumo che passa, incapaci di collegare logicamente due nozioni o due concetti!

In una scuola seria, dell’alunno che non sa collegare si dice che è privo di senso logico e non viene promosso.

Ecco perché, allora, forse c’è bisogno della neve come maestra capace di non farlo bocciare!

Cleto, 5 febbraio 2012                                                              Franco Pedatella

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