Il componimento è una breve allegoria dell’Italia dei giorni nostri.
Chi prende un remo o l’albero maestro,
chi a bella vela dà di piglio e strappa;
chi la scaletta smonta che sul ponte
porta e recarla in casa qual cimelio
di augusta gloria vuole; chi da prora
d’ornato intaglio il rostro seco porta.
Chi col martello sfascia le giunture,
chi con la sega taglia il ponte e il fianco;
chi dalle stive infino alla coperta
batte, dischioda e tutto fa tremare.
Ognun la bella nave demolisce,
ognun la scuote e quella par che soffra,
sentendosi assaltata da ogni lato,
e par si opponga, ma già fessa cede.
Uno il timone ha torto e nelle secche
la nave drizza a consegnarla all’oste
che attende e mostra da lontano l’oro,
che al sol riflette il raggio e disïoso
fa il traditor d’illecito guadagno
e pronto a vil commercio, a furto e dolo.
E intanto geme il remator e il mozzo
che il figlio ha sulla nave e la consorte
ed ogni cosa e al legno avéa fidato
fin il respir che in gola or gli si strozza.
Così ruinò del Fiorentin la patria,
che l’imo duol cantò e l’alta gloria
ed ai concittadini fe’ da sferza,
ché serva d’altri fêr l’Italia bella.
Ahi, come simil è l’Italia d’oggi
a quella in cui regnâro esterni regi,
corrotti e corruttori di sue doti,
che alloro e manto a lei da capo e dosso
levâr, lasciando ignude le vergogne
che vuol coprir pudore in donna onesta!
Di tutto or fan commercio i reggitori,
ogni suo bene metton all’incanto
e in mano a chi non sa di tal tesoro
buon uso fare, tanto è grosso e inetto,
solo rivolto al tintinnar dell’euro
e sordo ad opra d’arte e d’intelletto.
Di me che dir? Cantor di patrie ruíne,
tra ceneri fumanti vago e ascolto
se alcun v’è vivo o voce fuor si levi
e spinga alla riscossa ferma e forte
dei giusti, di coloro che han remato
e stracci han perso in mezzo alla tempesta,
coi flutti combattendo e con i venti,
di trar tentando fra ridenti onde
la nave che altri han fatto un dí con arte.
Ella ch’io canti vuol questa riscossa,
la sparga e desti le coscienze sane,
degna progenie d’avi al mal mai chini,
vivente esempio di onestà e prodezza,
di patrio amor e familiare affetto,
che all’opra intenti eran quotidiana
e muro féan tra i giusti ed i reietti.
Qualcuno forse un dí questo mio canto
raccoglierà e col consenso e l’opra
del popolo curar saprà la rotta
nave e portarla nuova in placid’onda.
Cleto, 5 maggio 2013 Franco Pedatella Blog: francopedatella.com
Rispondi