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Archive for settembre 2011

Pini giganti

Il testo è stato concepito in occasione di una mia visita, insieme ad alcuni amici e soci dell’Associazione Culturale Cletarte ed all’amico Vincenzo Marrapodi che fungeva da guida, al Parco Nazionale della Sila. Amerigo Cuglietta, nella baracca del custode, nota, incisi su una tavola di legno esposta sulla parete, alcuni versi del poeta calabrese Michele De Marco, detto Ciardullo, e scherzando con il custode, un giovane pieno di spirito e pronto di nome Aldo Colonna, dice che anch’io scrivo versi, anzi dice “sono poeta”, e m’invita a scriverne alcuni dedicati ai pini giganti della Sila, così come fa Ciardullo nei confronti della sua Sila. Mi presento al signor Aldo, il quale osserva che il mio nome non gli è nuovo, per aver letto qualcosa di mio. Gli ricordo che forse ha letto qualcosa, poesia o articolo sul Quotidiano della Calabria, forse la mia Lettera ai Milanesi scritta in occasione delle ultime elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale e del Sindaco di quella città. Dalle mie parole intuisce il mio orientamento politico di sinistra e mi dice che anche lui scrive sullo stesso giornale e dichiara scherzosamente di essere una colonna, oltre che di nome, anche di fatto, perché non si piega. Allude chiaramente a certe sue prese di posizione contro corrente. Quindi m’invita a scrivere i miei versi, assicurandomi che li esporrà. Amerigo chiede che siano brevi, come quelli di Ciardullo. Rispondo che ci proverò, se mi verrà l’ispirazione. Io ed Aldo ci scambiamo gli indirizzi di posta elettronica ed i numeri di telefono e ci salutiamo amichevolmente con la promessa di risentirci. Ora il mio verso preferito è l’endecasillabo e credo proprio che non ci sarà posto in quel piccolo spazio per versi così lunghi.

Pini giganti rigogliosi il cielo
paion sfidar quai Figli della Terra
di nerborute braccia contro Giove
armati. Sono i figli della Sila.

Uno abbattuto a terra dona vita
a tre germogli, simbolo di vita
rinata dalle gorgoglianti acque
scorrenti in seno a te, Calabria mia.

Così sei come Terra, Sila mia,
ch’ai figli tuoi che piegano il ginocchio
dài forza e vita sì che, se l’un cade,
cento dal seno tuo ne han rigoglio.

Franco Pedatella

Spezzano Sila, 9 settembre 2011

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Il testo è stato suggerito dalla ricorrenza dell’anniversario dell’attacco aereo alle Torri Gemelle di New York. Siccome tutti sanno, e gli Americani pure, che l’attacco è venuto dall’interno, allora mi ha fatto rabbia la pagliacciata che i potenti del mondo continuano ad inscenare su un presunto nemico esterno, sul quale cercano di scaricare le colpe del loro fallimento nel reggere le sorti dell’umanità, tentando di far dimenticare ai popoli del mondo le ragioni vere della crisi profonda in cui li hanno ridotti costruendo quell’ orribile mostro antropofago che chiamano mercato, che ha divorato le speranze di almeno una generazione di giovani. Ovviamente i primi a dover reclamare giustizia e la punizione di siffatti governanti sono le vittime di quell’insano attacco, concepito in qualche “stanza dei bottoni”, rappresentato all’immaginario collettivo come aggressione di gruppi terroristici fanatici e conservatori all’altare della democrazia e della civiltà, che era l’America di George Bush e di quanti in altri palazzi presidenziali del mondo tramavano per costruire la teoria della guerra preventiva ed il rapace mercato globale che ci ritroviamo.

A voi che reggitor del mondo siete
e nuova schiavitù parato avete,
prona al mercato che selvaggio imposto
avete ai giovani predati

di gioventù che è su fronte alloro
in tutte le età di questa Terra,
si levi contro a voi di Dio la mano,
a voi, che, peccatori, di perdono

indegni siete, e dia maledizione
a voi per questa e sei generazioni
sì che capiate che si leva contro

a voi qualunque forza di natura
offesa nella dignità dell’uomo,
ch’è alta quanto più grande è l’offesa.

Franco Pedatella

Cleto, 11 settembre 2011

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Mi trovavo ad Amantea in Piazza Mercato Nuovo nello stesso giorno della composizione del brano ed ho incontrato l’amico e compagno Geppino Vetere, il quale mi ha detto:” Caro Franco, con la tua poesia non ci fai niente. Ci vorrebbe una mazza”. Alludeva al mio dire in versi sulla situazione politica attuale. Al momento risposi che aveva ragione e che effettivamente per smuovere il governo attuale e chi lo guida non bastano i versi, anche se aggressivi e duri. Ma poi pensai alla capacità, propria della poesia almeno in certe epoche di sensibilità, di smuovere gli animi e le coscienze e spingerli “a egregie cose”; al suo potere di comunicazione immediata e di commozione repentina e profonda, capace di promuovere reazioni positive e di grande civiltà. Allora ho concepito questi versi che, senza mutare la natura intimistica e dolce della mia ispirazione, potrebbero essere capaci di esprimere e suscitare una reazione interiore a suo modo “violenta” nell’uomo onesto e pensoso del bene collettivo.

La mia poesia vorrei fosse una mazza
pronta a colpir chi impera e non governa,
tornando all’occasion dolce carezza
pe ‘l viso di colei che il piè mio ferma,

quando sto per cader lungo il sentiero,
o mi sorregge al passo in precipizio,
ove l’arbusto è riarso e il sasso fiero,
ed è di mia ripresa bel principio.

Tornar dovrebbe ad esser mia poesia
frusta per chi la rotta della nave
dritta non tiene al porto ove dovrìa

trovar rifornimento per le stive,
giusto risarcimento all’opra offerta
dai marinai sul ponte e sub coperta.

Franco Pedatella

Amantea, 17 agosto 2011

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