Punire con una multa la violazione della “par condicio” da parte di un leader politico, al di là delle finte agitazioni del trasgressore di turno, è cosa ridicola ed inefficace, perché non coglie nel segno ciò che si prefigge, inoltre diventa addirittura inconcludente quando a violare è un ricchissimo, che può pagare, come nel caso di questi giorni Silvio Berlusconi. E non voglio neppure tirare in ballo l’ipotesi di possibile aumento dell’uso corrotto del potere acquisito al fine di rivalersi delle spese sostenute per far fronte a questi “incidenti”. Ma ricordo volentieri che l’aumento della corruzione nell’esercizio del potere pubblico la dice fin troppo lunga in questa direzione.
Se davvero si vuole colpire chi viola la legge, scoraggiare e impedire che la cosa accada e rendere efficace lo strumento legislativo, alla sanzione pecuniaria si deve aggiungere o sostituire quella in percentuali di voti, scegliete voi quanti, l’1%, il 2%, il 3% o altro.
Ovviamente all’organo di stampa che si è prestato alla pratica della violazione deve essere comminata una sanzione pecuniaria sonora, tale che scoraggi per il futuro.
Solo così si aggredisce davvero il problema e si dimostra di volerlo risolvere senza diversivi innocui e fuorvianti.
Solo una sanzione capace di azzerare il profitto (di voti) realizzato con la violazione, con in più l’aggiunta di una penalizzazione che morda anche parte dell’accumulato probabilmente con merito, può davvero scoraggiare ogni tentativo di accaparrarsi consensi facendo ricorso alla violazione della norma, perché lo rende controproducente.
Qualcuno potrebbe obiettare che così si rischia di penalizzare il voto degli elettori, la cui consistenza leale e legittima ovviamente non è misurabile e che comunque, anche quelli aggiunti grazie alla violazione, non hanno colpa e vedrebbero, tutti, confiscata la loro libertà di espressione.
È vero. Ma è anche vero che se si impone ope legis una “par condicio”, è perché si ritiene, da parte del legislatore, per ipotesi che l’elettore sottoposto a più pressante sollecitazione propagandistica è più facilmente adescabile e fuorviabile, cioè psichicamente più debole, meno reattivo e quindi meno capace di giudizio critico, in una parola, meno libero. D’altronde tutti conoscono la forza persuasiva di una propaganda monocorde invadente, mirata e prolungata. Altrimenti, perché vietarla e ristabilire un equilibrio nella durata e nelle proporzioni?
Perciò il voto ipoteticamente estorto con un intervento propagandistico di parte più lungo del consentito non corrisponde affatto alla genuina, schietta e libera volontà dell’elettore e perciò è falsato, quindi non valido.
Cleto, 24 maggio 2011 Franco Pedatella
La “par condicio” e le sanzioni
28 Maggio 2011 di francopedatella
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